Passa ai contenuti principali

Cosa succede se usciamo dall'euro?

Domande e risposte per cittadini informati

Avere la “sovranità monetaria” significa essere padroni della propria moneta e poter decidere liberamente quando e in che quantità immetterla in circolo nell’economia. Con l’ingresso nell’euro l’Italia ha rinunciato alla propria sovranità monetaria per cederla alla BCE: un sistema governato dalla finanza privata e indipendente dai governi dei Paesi che ad essa hanno affidato le sorti delle proprie economie.

L’Italia non è quindi padrona dell’euro, che è una moneta (anzi: un sistema di monete diverse – come lira, marco etc. - unite da rapporti di cambio fissi e immodificabili) gestita dall’Unione Europea. Ed è l’Unione Europea che, nella sua azione di controllo sul nostro debito pubblico, tiene realmente in mano le redini della nostra economia. Per questo anche se votiamo, non cambia mai nulla: chi ci governa non potrà mai decidere davvero di spendere quanto è necessario per risollevare le sorti del nostro meraviglioso – e ricchissimo - Paese!

Negli ultimi dieci anni l’Unione Europea ci ha costretti a continui tagli alla spesa pubblica, che hanno portato a una riduzione drammatica degli investimenti in infrastrutture, sanità e welfare. Con tagli ai posti letto degli ospedali che hanno gravemente compromesso la gestione dell’emergenza sanitaria in corso. Come i bambini per la paghetta settimanale, ogni anno dobbiamo supplicare la Commissione Europea di autorizzarci alle spese necessarie al nostro Paese, da finanziare comunque sui “mercati”, cioè attraverso ulteriori debiti su cui pagare altri interessi. Nel frattempo, i Paesi che hanno la sovranità monetaria, come la Gran Bretagna, il Giappone o gli Stati Uniti, possono fronteggiare le crisi immettendo denaro a volontà nel proprio sistema economico. Il COVID ha fatto esplodere in modo drammatico le differenze con questi Paesi e le contraddizioni dell’Unione Europea: una unione di facciata, che esiste solo in funzione dell’euro, ma incapace di solidarietà e sostegno.

USCIRE DALL’EURO ci consentirebbe di tornare padroni del nostro destino, riprendendoci la nostra moneta e il controllo della nostra economia.

Ma come si fa? E cosa succederebbe ai nostri risparmi, alla nostra economia?

La versione dei filoeuropeisti è che uscire dall’euro non si può. Chi ha scritto i Trattati dell’Unione Europea – adottati senza chiederci alcun parere - si è volutamente “dimenticato” di prevedere il percorso inverso a quello usato per entrarci. E – soprattutto – giornali e asseriti esperti ci spaventano con terribili visioni di fallimento, inflazione, perdita del nostro potere di acquisto. Tornare alla nostra amata LIRA ci precipiterebbe in un baratro economico da cui non potremmo mai risorgere.

Ma è davvero così? Pensateci: un paese di schiavi spaventati è più facile da sottomettere e da comprare a prezzi di saldo. Se il nostro Paese non vale davvero nulla, per quale motivo non ci lasciano andare?

Questo opuscolo vuole essere una guida per aiutarvi a capire davvero cosa significa fare retromarcia e tornare ad una economia commisurata alla nostra reale ricchezza-Paese: molto più grande di quello che vorrebbe farci credere chi ci vuole tenere sotto il ricatto dello spread.

* Per una migliore lettura, apri il testo originale in PDF

1 – L’EURO: CHI CI HA GUADAGNATO E CHI HA PERSO

Nel 2019 – a vent’anni dall’ingresso nell’euro, il Centre for European Politics di Friburgo (CEP) un think-tank tedesco, ha cercato di capire come sarebbero andate le principali economie dell’Eurozona, nel caso in cui fossero rimaste con le rispettive monete nazionali. La ricerca1 ha preso in considerazione i tassi di produzione della ricchezza di economie simili per tendenze nell’era pre-euro. I risultati sono stati clamorosi, anche perché a pubblicarli non è certo un istituto sospettabile di avercela con i tedeschi o con l’euro: il CEP ha calcolato che tra il 1999 e il 2017, cioè dal momento del lancio della moneta unica europea, un cittadino tedesco ha guadagnato mediamente 23 mila euro mentre un italiano ne ha persi ben 74 mila.

Contrariamente a quanto ci viene propinato dai difensori dell’euro a Bruxelles, non è quindi vero che la moneta unica ha beneficiato tutti gli stati membri: certamente non l’Italia!

Stando allo studio, la perdita di competitività tra i vari Paesi dell’Eurozona deriva dal fatto che i singoli paesi non possono più svalutare la propria valuta per recuperare competitività a livello internazionale. Questo limite ha comportato - per le valute meno forti rispetto a quella che “comanda” il valore base dell’euro, cioè il marco - una minore crescita economica, il peggioramento dei servizi, l’aumento della disoccupazione e un incremento della tassazione per far fronte al debito crescente, in un circolo vizioso da cui è impossibile uscire.

2 – USCIRE DALL’EURO

Adottare una moneta tutta nostra significa riprenderci la SOVRANITA’ MONETARIA e tornare ad avere una valuta il cui peso è dato esclusivamente della nostra economia e non dall’insieme di più economie diverse. Soprattutto, la sovranità monetaria ci consentirebbe di eliminare il rischio fallimento del Paese e riprendere il controllo della nostra politica economica. Ciò avverrebbe adottando una nuova moneta nazionale, chiamiamola per comodità “NUOVA LIRA” (Lr) con un nuovo valore rispetto alle altre monete e tarata sulla nostra economia.

3 – LEX MONETAE

Grazie agli articoli 1277 e 1278 del nostro Codice civile, non sarà un problema regolare i rapporti nati in euro, i quali, come è successo quando abbiamo abbandonato la vecchia Lira, verranno ricalcolati nella nuova moneta, al tasso di cambio stabilito. La “Nuova Lira” (Lr) dovrà essere usata anche per estinguere tutti i debiti nati in euro (ragguagliati al valore del cambio al momento del pagamento) a meno che il debitore non preferisca pagare in euro. Ovviamente tale opzione sarà possibile fino a quando l’euro esisterà nel sistema monetario internazionale. In pratica, l’EURO diventerebbe – con l’adozione della Nuova Lira - equivalente a qualunque moneta estera

1 Fonte: Rapporto “20 anni di Euro: vincitori e vinti” realizzato dal Centre for European Policy di Friburgo, 2019 Cfr. anche https://www.investireoggi.it/economia/litalia-nelleuro-ha-perso-220-miliardi-allanno-la-germania-ne-ha-guadagnati-100/ https://www.affaritaliani.it/economia/moneta-unica-germania-straricca-ogni-italiano-ha-perso-74mila-euro-690787.html

4 – ITALEXIT: LA VITA CON LA NUOVA LIRA

A) MUTUI

Come quando siamo entrati nell’euro, verranno rinominati nella nuova valuta e nessuno potrà pretenderne il pagamento in euro (in quanto vietato dall’art. 1278 del c.c. sopra citato). Non ci sarà pertanto nessun rincaro sui mutui in essere. Anzi, in caso di fenomeni moderatamente inflattivi (che sarebbero benvenuti) i mutui contratti a tasso fisso risulteranno più leggeri per i debitori mentre quelli a tasso variabile seguiranno semplicemente l’andamento dell’indice dei prezzi.

B) REDDITI, RISPARMI, PATRIMONIO IMMOBILIARE

Tutti i valori in euro verranno convertiti in nuove LIRE e non ci sarà nessuna perdita o decurtazione di redditi e risparmi. In caso (assolutamente augurabile!) che si avviasse l’inflazione, la reintroduzione della scala mobile e l’aumento dei rendimenti sui titoli di Stato proporzionale all’eventuale inflazione – rimedi già collaudati in passato per tale ipotesi - consentiranno di mantenere invariato il rapporto di redditi e risparmi con i prezzi dei beni di consumo. Diverso il caso in cui redditi e risparmi vengano spesi all’estero: in tal caso saranno soggetti al normale rischio di cambio, che però avrà tutti i vantaggi della flessibilità che oggi abbiamo perso, con l’euro. Anche il prezzo degli IMMOBILI sarebbe convertito in LIRE: se anche la nuova valuta fosse svalutata rispetto all’euro, il loro valore all’interno dell’economia italiana resterebbe lo stesso di prima. Diverso se si volesse vendere l’immobile a stranieri: ma in tal caso, la eventuale svalutazione renderà gli immobili meno costosi e quindi più appetibili rispetto ad acquirenti di altri paesi.

C) BENI IMPORTATI: AUMENTERANNO DI PREZZO?

Premesso che oggi siamo in DEFLAZIONE, cioè abbiamo da anni una diminuzione dei prezzi perché abbiamo salari stagnanti e disoccupazione crescente, la risposta alla domanda è: * Non immediatamente: i beni già stoccati non aumenteranno di prezzo. * Non necessariamente: la svalutazione della NUOVA LIRA non riguarderebbe certo tutte le valute estere, anzi con la ritrovata crescita della nostra economia una rivalutazione nei confronti di molte altre valute è la cosa più probabile; se l’Italia produce - come produce - ed esporta beni di grande interesse per i paesi esteri (soprattutto in settori strategici come la meccanica, l’industria chimica, l’industria farmaceutica) la sua economia resterà solida anche con la nuova valuta. In ogni caso è provato che non esiste relazione automatica tra svalutazione della moneta e aumento dell’inflazione. * Se anche fosse, ricordiamoci che il rilancio dei consumi supplirebbe a questo aumento di prezzo (che in ogni caso incentiverebbe l’acquisto di beni prodotti in Italia).

D) PREZZI DEI CARBURANTI

Forse non sapete che il costo del petrolio sul prezzo dei carburanti incide solo per il 28% nel caso della benzina e per il 31% per il gasolio: il resto sono imposte. Pertanto, un aumento del prezzo del petrolio dovuto alla eventuale svalutazione della LIRA rispetto all’euro modificherebbe il prezzo di pochi centesimi. Inoltre, ricordiamoci che grazie alla sovranità monetaria sarà possibile attuare una reale politica industriale per la riconversione ecologica che valorizzi davvero le fonti rinnovabili.

E) TITOLI DEL DEBITO PUBBLICO

Gli euristi (i fan della moneta unica) sostengono che, perso l’”ombrello” di credibilità assicurato dall’appartenenza all’euro, i nostri titoli diventerebbero carta straccia. Ma come abbiamo visto, uno Stato dotato di sovranità monetaria, cioè in grado di gestire in autonomia la propria moneta, non ha bisogno di vendere titoli agli investitori per finanziarsi per affrontare le proprie spese. Fermo restando che, in un Paese ad alta vocazione al risparmio come l’Italia, lo Stato potrebbe (e dovrebbe) incentivare i propri cittadini ad investire in titoli emessi dal Tesoro in quanto la forma di investimento più sicura.

 5 – ITALEXIT: I PROBLEMI DA GESTIRE

1) I LIMITI DELLA LEX MONETAE

Il Codice civile non è applicabile ai rapporti stipulati all’estero (quindi soggetti a legislazione non italiana) e in valuta diversa dall’euro, che saranno quindi esposti al rischio svalutazione. Ma compensato da diversi fattori. - Indebitamento estero di imprese italiane: la svalutazione verrebbe compensata dalla rivalutazione dei crediti (in euro) delle stesse aziende. Una situazione perfettamente gestibile, specie in un contesto di forte rilancio della domanda interna. - Titoli del debito pubblico a legislazione estera: al 31/12/2017 quelli soggetti a legislazione estera erano il 2,31% del totale, pari a circa 48 mld. Una svalutazione del 20% - nell’ipotesi più pessimistica - aggraverebbe i conti di circa 10 mld di NUOVE LIRE: un costo certamente sostenibile per il nostro Paese. - Debiti delle banche a legislazione estera: i crediti si rivaluterebbero in ogni caso della stessa percentuale. Per gli istituti piccoli che andassero in difficoltà lo Stato potrebbe far fronte con interventi mirati e con risorse proprie, senza accollare alcun costo ai correntisti, come è accaduto a causa dell’euro!

2) ARRETRAMENTO DELLA NOSTRA CAPACITA’ PRODUTTIVA

Il lungo periodo di deflazione e crisi della domanda ha certamente causato un forte arretramento della nostra capacità produttiva, sia in termini quantitativi (già prima del Covid avevano chiuso migliaia di aziende) sia in termini qualitativi, dato che la speculazione finanziaria rendeva più vantaggioso investire in titoli piuttosto che in impianti ed innovazione. Questa perdita di competitività dovrà essere recuperata tramite in piano di aiuti e agevolazioni alle aziende che innovano e investono. E, soprattutto con un forte intervento pubblico diretto, tramite politiche di spesa rese possibili dalla nuova condizione di piena sovranità monetaria. L’uscita dall’Unione, inoltre, permetterebbe di rinazionalizzare settori strategici al resto del sistema paese.

3) ACQUISIZIONI ESTERE (IDE: investimenti diretti esteri)

In questi anni le acquisizioni dall’estero – spesso a prezzi di saldo - hanno fortemente depauperato il nostro patrimonio produttivo. Gli investitori esteri hanno spesso acquistato le nostre migliori imprese per impossessarsi del loro know how o per eliminare concorrenti, promettendo il mantenimento dei livelli di occupazione e di efficienza, salvo poi sfilarsi con la scusa di scarsa competitività (in genere per i mancati investimenti da loro stessi promessi). È evidente che questo costringerà ad importare quello che è necessario e che non produciamo più. A questo sarà possibile rimediare tramite un piano di rilancio dei consumi e di investimenti che facciano ripartire la produzione interna, riportando nel nostro paese le produzioni che abbiamo perduto.

Usciamo dalla gabbia!  L'Italia può farcela senza euro

Se siete arrivati fino qui, vuol dire che siete capaci di avere dubbi rispetto alle favole che ci raccontano da decenni sulla bontà intrinseca e sulla irreversibilità del sogno europeo. Il secondo passo adesso è convincere voi stessi e i vostri concittadini che USCIRE DALL’EURO NON SOLO È POSSIBILE, MA È L’UNICA OPZIONE PER RIAVVIARE IL MOTORE PRODUTTIVO DEL NOSTRO PAESE E RIMEDIARE AGLI SQUILIBRI SOCIALI scaturiti dall’adozione di questa moneta. Una strada non esente da costi e da rischi. Ma RIMANERE NELL’EURO CI COSTA OGNI GIORNO MOLTO DI PIU’! Se vuoi capire di più, se vuoi partecipare al cambiamento possibile, seguici su: www.italexit.it

COORDINAMENTO EMILIA ROMAGNA mail: italexitconparagone.er@gmail.com

 

Commenti